Ginnastica in quarantena – Esercizi per lombare e cervicale

Questo video illustra tre esercizi, di media intensità, indicati per tutti coloro che tendono a soffrire di dolori nella fascia lombare e/o cervicale. Attraverso tali esercizi, è possibile ottenere sia un rinforzo della muscolatura profonda, responsabile del sostegno della colonna vertebrale, sia un allungamento delle strutture blande che rivestono il sistema muscolo-scheletrico. Vista la particolare intensità di questi esercizi, si consiglia di procedere con cautela e di astenersi da sforzi eccessivi.

Buon allenamento!

Ginnastica in quarantena – Esercizi per ogni età

Questo video illustra tre esercizi, di bassa intensità, indicati per chi tende a soffrire di rigidità legamentosa, rivelandosi particolarmente utili specie per chi avesse il desiderio di iniziare una attività posturale dolce. Attraverso la pratica costante di questi semplici esercizi, è possibile mantenere il corpo fluido e morbido, riducendo in tal modo eventuali malesseri e stati di infiammazione osteo-articolare.

Buon allenamento!

Ginnastica in quarantena – Bimbi

Questo video illustra tre esercizi indicati per i nostri piccoli campioni! Questi esercizi possono essere eseguiti a partire dai 3 anni fino ai 10, vista la loro particolare caratteristica di essere, oltre che utili per i loro legamenti e la loro muscolatura in continua crescita ed evoluzione, soprattutto divertenti. Garantiscono, inoltre, un corretto sostegno posturale, accompagnandoli nella crescita. Si consiglia di stare sempre accanto ai propri bimbi durante l’esecuzione delle varie figure.

Buon allenamento!

Protrusione e ernia discale: cosa sono?

Molto spesso, quando un paziente si presenta in studio lamentando mal di schiena, associato a un quadro di degenerazione, protrusione/bulging , ernia o sequestro discale, di fronte a questa diagnosi leggo nei suoi occhi uno sguardo tra l’interrogativo e il preoccupato. Le patologie discali, sono un problema frequente e comune nella popolazione, e seppur siano molto dolorose, e da non sottovalutare, non devono creare angoscia nella persona che ne soffre, dal momento che esistono svariati strumenti per ridurre o, in alcuni casi, addirittura risolvere completamente il problema.

Ma procediamo con ordine.

IL DISCO INTERVERTEBRALE

Il disco intervertebrale è una struttura fibrocartilaginosa (vale a dire, tessuto connettivo di cartilagine) flessibile e di forma discale, interposto tra le varie vertebre, con lo scopo di ammortizzare le pressioni a cui la nostra schiena viene costantemente sottoposta (a partire dal nostro stesso peso, quando ci alziamo in piedi o quando ci mettiamo seduti, a finire con le più pesanti, se solleviamo oggetti o persone).

Il disco intervertebrale, si compone di due parti:

  • Il NUCLEO POLPOSO = E’ la parte centrale del disco, ed è di consistenza gelatinosa, con un elevato grado di flessibilità, data la sua composizione di collagene e mucopolisaccaridi, elementi capaci di trattenere fino all’80% di acqua. Questa parte del disco, è la responsabile dell’ammortizzare e sostenere la vera pressione esercitata dai segmenti vertebrali sopragiacenti, e di distribuire il peso in modo uniforme all’intera superficie intervertebrale.
  • l’ANULUS (anello) FIBROSO = Formato da fibre di collagene e proteoglicani (molto più resistenti e nettamente meno elastici rispetto alla composizione appena vista), è l’anello che circonda e abbraccia il nucleo polposo, per garantire che quest’ultimo, nonostante le continue sollecitazioni, rimanga esattamente in sede ed ottenga un “sostegno” aggiuntivo, per sopportare le costanti pressioni.

Poiché il disco intervertebrale nasce allo scopo preciso di venire continuamente “stuzzicato”, schiacciato e compresso dalle nostre azioni e movimenti, tale struttura è totalmente sprovvista di fibre nervose. Questo fa sì che al momento dello schiacciamento, qualora non vi siano quadri disfunzionali come vedremo più avanti, la persona non avverta alcun dolore, né disturbo. Parimenti, è totalmente sprovvisto di una vascolarizzazione propria (riceve nutrimento attraverso i vasi sanguigni delle vertebre), e questo causa una difficoltà di rigenerazione in caso di danni alla sua struttura. Man mano che il disco viene spremuto, l’acqua contenuta nel nucleo polposo si riduce significativamente, e ha modo di esser nuovamente assorbita solo in totale assenza di ulteriori sollecitazioni, cioè la notte, quando riposiamo, in posizione prona, supina o, ancor meglio, su un fianco, in posizione fetale.

 Il disco intervertebrale, dunque, si può consumare e degenerare?

Come ogni cosa, il corpo umano è una macchina eccellente, ma non perfetta, e presenta anch’essa dei limiti. Ogni qualvolta che il peso supera la capacità di resistenza della struttura appena descritta (obesità, lavori pesanti, sforzi continui ed eccessivi, ecc), o ci si abitua ad una cattiva postura, che provoca una posizione delle vertebre NON adatta a consentire una distribuzione del peso in modo uniforme sulla superficie (ipercifosi, iperlordosi, nutazione del bacino, scoliosi, cattivo appoggio plantare, ecc), o la muscolatura periferica non è abbastanza forte da stabilizzare e guidare i nostri movimenti (ipotonia muscolare data da vita sedentaria), o, infine, eventi traumatici (incidenti, colpi bruschi, cadute, ecc), ecco che, per tutti questi casi, l’anello fibroso “cede”. Il nucleo polposo perde il suo muro di barriera protettiva, e fuoriesce dalla sua sede, andando a toccare strutture nervose periferiche (quali il legamento longitudinale posteriore e i nervi periferici del midollo spinale), provocando così infiammazione e risposta dolorosa sensitiva, a cui segue, inevitabilmente una postura antialgica erronea, vale a dire uno scorretto modo di muoversi, compensativo, per cercare di sentire meno dolore, ed un conseguente spasmo/contrattura muscolare.

Tale situazione, prende il nome di “discopatia” (sofferenza discale), e, a seconda di come si è deformato il disco, può essere di vari tipi.

QUALI SONO LE PRINCIPALI DISCOPATIE.

  1. La DEGENERAZIONE DISCALE.  Se avete ricevuto questa diagnosi, significa che il vostro anello fibroso si sta poco a poco usurando, e dal momento che riceve nutrimento indiretto (attraverso i vasi sanguigni delle vertebre) , la sua capacità rigenerativa, in caso di danno, risulta limitata. Spesso, in caso di degenerazione discale, non si avvertono sintomi, e una vasta gamma di persone ne è affetta. La degenerazione discale è un quadro che generalmente affligge un’età compresa tra i 30 e i 50 anni. Evitare la degenerazione discale, è utopistico tanto quanto evitare l’invecchiamento cellulare del nostro corpo, dal momento che è un processo naturale del continuo utilizzo e sovraccarico delle strutture. Quello che, però, è sicuramente possibile, è limitare e contenere il processo degenerativo attraverso buone abitudini: sana e ordinaria attività sportiva, evitando carichi eccessivi, incluso la pesistica, e cercando di mantenere in asse il nostro baricentro e asse longitudinale, attraverso controlli preventivi osteopatici, posturali e fisioterapici.
  2. La PROTRUSIONE DISCALE/Il BULGING DISCALE. Quando si parla di protrusione o bulging discale, NON si sta ancora parlando di ernia discale, e le due cose non vanno confuse. Dal momento in cui inizia la degenerazione discale, l’anello fibroso avanza verso un processo di usura sempre più evidente: la protrusione è il passo antecedente alla rottura dell’anello, che sarà l’ernia vera e propria. In questo caso, l’anello fibroso inizia a presentare lievi fessure/tagli lungo la sua struttura, nelle quali comincia a infiltrarsi la parte morbida del nucleo polposo. Inizia, dunque, un processo d’infiammazione locale reattiva, come meccanismo da parte del nostro corpo di avvisarci del fatto che c’è qualcosa che non va. In questa situazione, la persona può avvertire un dolore sordo (generalizzato) nella zona lombare, soprattutto a seguito di sollevamenti di carichi, o di semplici flessioni in cui sbilanciamo il nostro peso (dare la scopa, lavare i pavimenti, stare seduti a lungo coi glutei più avanti rispetto alla nostra colonna vertebrale, ecc). In questa situazione, è bene fare accertamenti, per evitare di sottovalutare l’entità del problema, e verificare se si tratta di uno stadio esistente di effettiva protrusione, e correre dunque ai rimedi, correggendo le cattive abitudini della nostra quotidianità, incluso la postura. Se si agisce celermente, i tempi di recupero possono essere relativamente brevi e ci concedono di tornare alla vita di tutti i giorni, osservando sempre le buone regole appena apprese, e una visita periodica dal professionista di riferimento.
  3. L’ERNIA DISCALE. Quando l’anello fibroso si rompe completamente, il nucleo polposo non ha più alcuna protezione, e, durante una qualunque pressione, viene spinto e riversato nel canale spinale (dove si trovano il legamento longitudinale posteriore e, soprattutto, il midollo spinale), le cui strutture sono altamente sensibili, ed il minimo contatto o alterazione ne causa immediata risposta dolorosa e infiammatoria. E’ certamente il quadro più doloroso tra quelli finora visti, nonché quello che presenta tempi più lunghi di riduzione del disturbo e remissione dei sintomi. In questo stadio, la persona avverte la sensazione di uno spillo alla base della schiena, con impossibilità ad effettuare torsioni del tronco (durante le quali aumenta l’effetto “spremitura” del disco), a flettere il busto in avanti (perché, in tal modo, spinge ulteriormente il disco all’indietro, verso il midollo spinale), e a stare in posizione eretta (perché, in tal caso, eserciterebbe ulteriore pressione sulla porzione posteriore del disco intervertebrale, ormai lesionata, fuori sede, infiammata e in contatto con le strutture nervose periferiche). In questo caso, bisogna rivolgersi immediatamente al nostro medico per eseguire una visita accurata dallo specialista indicato. I trattamenti, per la riduzione dell’ernia discale, sono vari e, oggigiorno, sempre più all’avanguardia. Il lavoro di squadra dell’ortopedico, fisioterapista, osteopata e rieducatore posturale possono certamente portare a risultati più che soddisfacenti.
  4. Il SEQUESTRO DISCALE. Questo è, certamente, il quadro peggiore in assoluto. In questo stadio, il nucleo polposo non si è solo spostato nel canale spinale, ma si è spezzato in due parti, una delle quali è rimasta intrappolata e vagante in questo piccolo spazio, a stretto contatto coi nervi. Il dolore, in questo caso, è assolutamente invalidante, acuto e persistente, e causa netta limitazione dei movimenti anche più semplici. Per questa condizione, l’unica valutazione è affidata al medico chirurgo ortopedico, capace di valutare la cosa migliore. 5. L’ASSOTTIGLIAMENTO DISCALE è una condizione secondaria a tutte quelle viste finora. Una volta che il nucleo polposo viene completamente disidratato e svuotato, il disco intervertebrale perde la sua capacità di ammortizzazione, e si assottiglia sempre più, mettendo in contatto le due vertebre tra loro, provocando in tal modo una degenerazione delle strutture cartilaginee che le rivestono, e causando, come reazione protettiva da parte del corpo, quella di deporre ulteriori strati di calcio a difendere la zona, provocando in questo modo esostosi, vale a dire crescite ossee in punti in cui non dovrebbero esserci, e, nel caso specifico, osteofiti artrosici, cioè picchi, becchi di osso (calcio), a causa della continua frizione tra le due vertebre. In caso di artrosi, il dolore lombare è acuto e sordo, tende a interessare l’intera zona sopragiacente il bacino, con impotenza funzionale nei movimenti di flessione, e riacutizzazione del dolore quanto più si sta in piedi, si cammina, o si sollecita il tratto lombare della colonna. L’artrosi è una condizione a parte da quelle che in questo articolo sto trattando, i cui rimedi rimangono in mano a figure professionali di tipo riabilitativo, quali, ad esempio, il fisioterapista. Su un quadro artrosico, la manipolazione osteopatica rumorosa (la tecnica Thrust) è fortemente sconsigliata, quindi l’osteopata, una volta definito un piano di terapia, può coadiuvare il recupero delle funzioni, attraverso tecniche dolci, come il craneosacrale ed il fasciale (per maggiori approfondimenti, rimando ai miei precedenti articoli sull’Osteopatia).

Per ognuna di queste discopatie, è possibile soffrire la comparsa di una sciatalgia, oltre che alla lombalgia?

Come illustrato finora, una volta che la discopatia interessa il nervo periferico/il midollo spinale, innesca un processo infiammatorio doloroso sensitivo e di rigidità funzionale. Il nervo periferico corrispondente ai punti in cui più frequentemente si produce una discopatia, vale a dire il tratto lombare, è il nervo sciatico. Ecco dunque, come, spesso, la causa di disturbi quali parestesia ad uno o entrambi gli arti inferiori, pesantezza, sensazione di aghi, scosse elettriche, rigidità, contratture e spasmi della muscolatura glutea e delle cosce, risiede precisamente nel quadro degenerativo descritto in questo articolo.

I vari benefici dell’Osteopatia

Dopo aver definito l’Osteopatia come l’arte di saper diagnosticare e trattare una determinata patologia del corpo umano, partendo dalla sua struttura muscolare e scheletrica, probabilmente un lettore potrebbe cadere in errore, arrivando alla inesatta conclusione che l’Osteopata sia un manipolatore unicamente atto a sciogliere tensioni muscolari e rigidità lungo la colonna vertebrale.  Ovviamente siamo anche questo, ma per un obiettivo ben più grande: sciogliere una contrattura, per noi significa evitare lo strangolamento del nervo da parte della fibra muscolare ed eliminare la resistenza che appone ai segmenti vertebrali, per poterli dunque manipolare; manipolare una vertebra, o un gruppo di queste, per noi non è restituire al paziente un rumore che sia convincente, ma permettere al nervo rachideo, corrispondente a quel determinato livello e con una precisa, chirurgica e millimetrica irradiazione nervosa, di non subire compressioni in nessun punto della sua fibra; parimenti, tale discorso si estende all’intero sistema vascolare, per favorire il corretto afflusso sanguigno agli organi e, non di meno, il suo ritorno al cuore.

E’ perciò altrettanto inesatto, e grave, rimproverare a un Osteopata, ignoranza dell’anatomia umana e della medicina in genere. Dal momento che un professionista, serio, di tale settore, per applicarne le tecniche, è costretto a conoscere perfettamente il Sistema Nervoso Somatico ed Autonomo, la diramazione di ciascuna radice, il suo tragitto, le strutture che abbraccia, quelle con cui si intreccia, le altre, tra cui si fa spazio, le molteplici direzioni che prende e le destinazioni ultime, siano esse fasci muscolari per intero o solo porzioni di organi, a cui manda una precisa informazione. E’ costretto a conoscere eccellentemente il Sistema Cardiocircolatorio, la corsa di ogni ramo arterioso, lo spazio preciso che occupa nel corpo umano e  le zone a cui apporta ossigeno, dove, dunque, la vena lo affianca, e come coopera quets’ultima nel pulire e “ricaricare” questa perfetta macchina. E’ costretto a sapere di ogni organo, muscolo e viscera, la struttura, le funzioni, i meccanismi di vitalità, gli elementi enzimatici e chimici che le regolano, le innumerevoli patologie che le possono colpire e le rispettive manifestazioni sintomatologiche. E’ costretto a conoscere un teschio umano, così bene, da sapere in quanti e quali fori, protuberanze, avvallamenti, curve e cavità, passano capillari, fluidi, nervi, muscoli; come si aprono e chiudono le articolazioni, l’asse geometrico attraverso cui danzano,  a seconda dell’intera ed intricata struttura, fatta di ossa, legamenti, tendini, muscoli, pelle e molto altro, che è il complesso del corpo umano, il quale tutto fa, meno che muoversi per settori. Il lavoro di un Osteopata parte da anni di studi di atlanti anatomici, di libri e di pratiche. Anni in cui ci viene chiesto di essere competenti e pronti a conoscere la mappa del caso che ci si pone, e a trovare un rimedio, per una o per quella via.

Tutto questo percorso, porta a diverse applicabilità dell’arte Osteopatica, lasciando a discrezione del professionista la scelta di utilizzarle tutte insieme, o l’una o l’altra, dipendendo dalla situazione che gli si presenti.

Si parla, dunque, di Osteopatia Strutturale, Osteopatia Viscerale ed Osteopatia Craneale.

La prima, è la base delle altre. Senza esatte conoscenze anatomiche relative all’area meccanica e motrice del corpo umano, è approssimativo e pretenzioso cercare di dedicarsi a quelle che seguono. E’ quella parte dell’Osteopatia che percepite quando il professionista vi provoca un rumore sonoro liberatorio, o quando vi cinge e chiede se percepite una certa pressione dolorosa, e in poco tempo sembra avervela tolta, dopo mesi, settimane o giorni che vi accompagnava insistentemente.

La seconda, è il secondo step: una volta che si conosce la motricità di un organismo, è possibile esaminare la mobilità delle zone blande, viscose, viscerali che sono racchiuse nella “scatola contenitrice”, ed accertarsi che non ve ne siano di compresse, schiacciate, impedite nella propria attività. E’ quella parte dell’Osteopatia che percepite quando il professionista vi chiede di respirare profondamente, e col vostro progressivo rilassamento, riesce ad andare così tanto in profondità che gli organi sembrano lasciar spazio alle sue mani.

La terza, è la regina dell’Osteopatia. La madre delle due precedenti. Il cranio è la struttura ossea che apporta protezione al meccanismo che regola i limiti di un essere umano: il cervello. Attraverso la manipolazione craneale, è possibile rimuovere disturbi ad ampio spettro: umorali, endocrini, strutturali, meccanici, neurologici, oculari, auditivi, masticatori, cervicali, nasali, e molto altro. E’ quella parte dell’Osteopatia che NON percepite, quella in cui le mani del professionista vi sostengono la testa, e siete tentati a lasciarvi andare, e quasi dormire.

Ognuna di queste tecniche, usata singolarmente o insieme, se ben eseguita, cambia la vita di una persona. Riporta benessere, sul lungo termine. Ognuna di queste tecniche è adatta a chiunque: dal neonato, all’anziano. Ognuna di queste tecniche, ha un suo perchè. Perciò non cadete nell’errore delle false informazioni: l’Osteopatia ha mille forme per raggiungere il suo fine, ma mai, in nessun caso, mente sulla sua efficacia ed onestà.

Osteopatia come prevenzione.

Dopo aver chiarito il concetto dell’Osteopatia, le sue origini e in cosa consiste, ritengo doveroso affrontare il tema di “quando e a chi è utile una seduta di Osteopatia”.

Data la poca informazione nel campo sanitario, con cui i professionisti di questo settore si devono ancor’oggi scontrare, purtroppo si fa molta confusione sulla figura dell’Osteopata, non solo come professionista, ma soprattutto su quando richiedere il suo aiuto, perchè e per chi. Quindi, procederò ad analizzare più da vicino ciascuno di questi punti:

  • QUANDO E PERCHE’ ANDARE DALL’OSTEOPATA.

L’Osteopata non è un mago,  nè un santone. L’Osteopata  è, come spiegato nell’ultimo articolo , una figura che ha dedicato anni di studi a cercare di liberare il corpo da eventuali sublussazioni che generano punti di blocchi del flusso neuro-vascolare. Il successo di tale intento non risiede unicamente nell’abilità del professionista, ma soprattutto dall’antichità della lesione. Da quanto più tempo quest’ultima è presente e viene sopportata dal paziente, tanto più si definisce “cronica“, e, in quanto tale, già soggetta a uno stato di adattabilità proprio dei meccanismi del corpo umano, che, una volta insediatosi, diventa pressochè impossibile da risolvere completamente. Questo non significa che se si soffre da tempo di mal di schiena, una seduta di Osteopatia sia totalmente inutile o controindicata: l’Osteopatia aiuta, sempre. E sempre, se ben eseguita, senza alcun effetto collaterale indesiderato. Significa, piuttosto, che certamente non basterà una sola seduta, e che invertire un processo ormai cronico sarà  impossibile, perciò tenderemo a non risolvere totalmente il nostro malessere, ma a ricavarne un progressivo miglioramento.

Altro discorso va fatto, se la manifestazione dolorosa viene trattata nel momento esatto in cui si presenta. Se, quindi, la persona decide di richiedere un parere osteopatico per tempo, prima che vengano messi in atto i sopracitati meccanismi di adattamento e cronicità, poichè in tal caso sarà molto più facile, per il professionista, intervenire e provare a restituire la corretta mobilità al paziente, probabilmente in forma risolutiva.

La certezza della guarigione completa, una volta che si presenta un disturbo, non esiste. In nessun campo medico, incluso quello chirurgico. Ecco perchè dare garanzie a un paziente è semplicemente impossibile: ogni caso è a sé, e il percorso verso il recupero del benessere vive dinamiche esclusive e personali di ciascun individuo. Quando, dunque, si può considerare il momento migliore per rivolgersi a un Osteopata? La risposta è: in via preventiva.                                                                                                                                                                              Dal momento, infatti, che gli squilibri posturali si originano in modo silenzioso, senza manifestare sintomo alcuno (almeno nel breve periodo), lavorare su di essi quando ancora la persona non lamenta nessun dolore è, in assoluto, il momento più opportuno. E’ infatti possibile individuarli e liberarli, ancora prima che questi diventino più critici e permettano l’insorgenza di ulteriori problemi. Questo di traduce in una sempre minore probabilità a soffrire di malesseri.

Il vero grande successo della tecnica osteopatica, risiede precisamente nel suo utilizzo come prevenzione. Con un controllo ordinario, è possibile mantenere una corretta postura, una libertà motoria e funzionale e garantire un benessere generale alla persona.

  •  A CHI E’ ADATTA L’OSTEOPATIA.

Visto la forma in cui essa viene praticata, le sue scarse controindicazioni e la sua efficacia nella fase preventiva e di mantenimento, l’Osteopatia è una disciplina manipolativa adatta a chiunque.

Per i più piccoli, garantisce un regolare controllo posturale della crescita, verificando l’allineamento della colonna vertebrale e del bacino e distinguendo tra quella che può essere una reale problematica congenita della fase di ossificazione, e quella che viene chiamata comunemente in gergo medico “falsa gamba corta”, provocata da una scoliosi o da una rotazione dell’asse pelvico, migliorando, incluso, l’appoggio del piede.  E’ così possibile evitare un plantare, o, al contrario, confermarlo laddove strettamente necessario, ma prevenirne gli squilibri che esso stesso genera nel suo lungo utilizzo. Attraverso il controllo posturale osteopatico, è possibile notare un netto miglioramento incluso a livello viscerale, attraverso eventuali correzioni della cassa toracica, togliendo compressioni o torsioni da parte della stessa, che possono incidere su disturbi polmonari o gastrointestinali.

L’Osteopatia è adatta anche ai più grandi, sportivi e non, per monitorare gli squilibri posturali generati da posture scorrette mantenute per lungo tempo, quali, ad esempio: chi passa molte ore alla guida, chi seduto davanti a un computer, chi tende a stare molte ore in piedi, chi dorme in una posizione scorretta, chi porta occhiali da vista e appesantisce il tratto cervicale durante una lettura, chi indossa plantare da anni, chi fa lavori di grande sforzo, chi semplicemente non ha mai tempo per dedicarsi a sè ed è entrato in una condizione cronica di sedentarietà, chi pratica sport a livello agonistico, chi lo pratica ordinariamente seppur a livello amatoriale, ecc. In una parola: a tutti.

Non esiste la panacea di tutti i mali. Esiste solo una terapia studiata e adattata alla persona, e a garantire il successo di quest’ultima, è un lavoro di squadra: non solo del professionista, ma soprattutto del paziente.

Prevenire, è sempre meglio che curare.

Maiora perdet, qui parva non servaverit”                                                                                                                                                                                   (Chi non sa curare le piccole cose, perde anche quelle grandi).

 

 

 

Che cos’è l’Osteopatia

Una domanda con cui mi confronto spesso, soprattutto in Italia, è la frase “Ma di cosa si occupa esattamente un osteopata?”. Tale incertezza è anche il primo effetto reattivo da parte di vari ascoltatori, quando parlo della mia professione.
“Osteopatia”. Un concetto confuso. Un concetto che non si riesce a distinguere tra le tante professioni, tornate in auge soprattutto negli ultimi anni.
Con questo primo articolo, cercherò di darvi non solo il benvenuto sul mio sito, ma di chiarirvi soprattutto le differenze tra le figure dei professionisti, sia sul settore sanitario che su quello parasanitario, affinché vi sia piena chiarezza concettuale su “chi” tratta “cosa” e “come” lo fa.

1. CHE COS’E’ L’OSTEOPATIA?
Il termine “Osteopatia”, deriva dal greco, dall’unione dei termini ὀστέον (ostéon= “osso”) e πάθος (páthos=”sofferenza”). Tradotto letteralmente, pertanto, significa “tecnica che si occupa del dolore osseo”. Ma definirla tale, è limitativo e fuorviante, poichè, in realtà, questa tecnica si occupa di molto altro.
Il suo fondatore, Andrew Taylor Still, medico chirurgo americano vissuto tra il 1828 ed il 1917, scoprì questa tecnica come risultato di una lunga ricerca volta ad individuare un rimedio alternativo a quelli fino ad allora da lui conosciuti e sperimentati, tanto in termini farmacologici, quanto in termini chirurgici, praticati specialmente sul campo di battaglia durante il suo periodo di prestato servizio come medico militare nella guerra di secessione. Tale ricerca, non fu mossa unicamente dal mero desiderio di dare una svolta alla scienza medica e ai suoi fondamenti, ma soprattutto da un fatto tragico che lo costrinse a mettersi in ginocchio di fronte alla malattia, nonostante tutte le conoscenze che possedeva: la perdita di tre dei suoi figli, a causa di una meningite cerebrospinale.
Lì, dunque, tutto ebbe inizio. Teorizzò che il corpo umano fosse una macchina perfetta sin dalla sua radice anatomica più profonda, la struttura scheletrica, e con piena capacità di autocurarsi, laddove quest’ultima cedesse lo spazio adeguato a strutture vascolari e nervose, responsabili del corretto funzionamento di ogni meccanismo. Fu poi la dimostrazione pratica della suddetta teoria, attraverso la riuscita guarigione di un bambino colpito da una forte dissenteria, a conclamare la ragione delle sue affermazioni, e a definirne il successo. Quest’ultimo, infatti, fu l’evento che pose le basi per la nascita delle prime scuole osteopatiche e della lotta al riconoscimento ufficiale delle stesse.
Quindi, cos’è l’Osteopatia? l’Osteopatia è quella tecnica, che permette, attraverso il solo ausilio delle mani del professionista, di liberare la struttura scheletrica, responsabile del sostegno di tutti gli elementi che ne permettono il corretto funzionamento, vale a dire muscoli, tessuti blandi in genere, vasi sanguinei e nervi.

2. “OSTEOPATIA” – OSSA- QUINDI SOLO MANIPOLAZIONI DIRETTE E RUMOROSE?
Assolutamente no.
Le manipolazioni rumorose, quelle definite con il temine “crack”, ma tecnicamente note come “Thrust”, fanno parte della miriade di tecniche di cui si può avvalere un professionista per “liberare” la struttura da una sua eventuale limitazione, ma non sono assolutamente le uniche.
Lo scheletro è mantenuto in asse da legamenti, e coordinato nel movimento dall’azione dei muscoli. Pertanto, spesso gli osteopati preferiscono agire attraverso queste due strutture, attraverso le cosiddette tecniche “indirette”, per restituire alla struttura rigida la sua fisiologica armonia.

3. L’OSTEOPATA E’ UN CHIROPRATICO?
Anche in questo caso, la risposta è no.
La Chiropratica è una tecnica fondata dal medico canadese Daniel David Palmer, vissuto tra il 1845 ed il 1913.
Fondamentalmente, tanto A.T. Still, quanto D.D. Palmer, ebbero la stessa intuizione: eliminare le limitazioni strutturali. Ma mentre il primo credeva nell’importanza che tale limitazione non coinvolgesse il libero fluire del sangue nei vasi sanguinei, per garantire un efficiente apporto di ossigeno al resto dell’organismo, il secondo ricercava semplicemente che tale blocco non inficiasse alcuna struttura nervosa, causando un’alterazione dell’impulso elettrico, tanto sensoriale (algie e parestesie), quanto motorio (ipotonia, atrofia, areflessia, iporeflessia e paresi).
Ecco, dunque, che il fine ultimo comune concorre al mescolamento delle due figure. Ma le tecniche usate da un osteopata, non sono le stesse utilizzate da un chiropratico. Poichè sebbene appaia minuscola la differenza di intenti che esiste tra le due discipline, essa diventa elemento fondamentale dell’agire del professionista: un osteopata può partire dalla struttura cranica, per correggere un banale male alla spalla, e, se non sufficiente, procedere a esaminare organi quali cuore, stomaco, pancreas o fegato, fino ad arrivare a valutare l’appoggio a livello della caviglia, per accertarsi che tutto l’organismo lavori in perfetta armonia; un chiropratico, si limita a liberare le diramazioni nervose che interessano l’arto in questione.

4. DIFFERENZE TRA OSTEOPATA, MASSAGGIATORE E FISIOTERAPISTA.
L’osteopata si serve del solo ausilio delle mani per eseguire la sua terapia, ma ciò non fa di lui un semplice massaggiatore.
La tecnica osteopatica è una tecnica fondata sulle leggi biofisiche dell’anatomia umana. Ogni movimento, ogni manipolazione, tanto diretta (Thrust), quanto indiretta, è volta a muovere in profondità i punti cardine che conferiscono stabilità, forza e agilità all’intero organismo, e a permettere ad ogni singolo organo o viscera di funzionare correttamente, attraverso una corretta irrigazione da parte dei vasi sanguinei. Non può e non deve essere confusa con un massaggio rilassante, energizzante o decontratturante che sia, che invece si interessa semplicemente di esercitare un’azione sulle fibre muscolari, senza tener conto di tutto ciò che esse rivestono o che le attraversa.
Allo stesso modo, l’osteopata non dev’esser confuso con il fisioterapista, il quale si occupa della riabilitazione di tutte quelle strutture che hanno subìto una lesione, che con la semplice manipolazione non è possibile correggere (gravi lesioni legamentose, gravi infiammazioni a livello delle fibre nervose, gravi lesioni a livello del tessuto muscolare, gravi lesioni a livello delle strutture discali della colonna vertebrale, ecc), e per cui, perciò, diventa necessario l’ausilio di macchinari appositi (tecarterapia, stimolazione elettrica nervosa transcutanea -T.E.N.S., ultrasuoni, idroterapia, ecc).

5. L’OSTEOPATIA, E’ UNA SCIENZA MEDICA?
Sebbene l’osteopatia abbia origine da studi, indagini e secoli di pratiche mediche, quest’ultima, ancor’oggi, in alcune zone del mondo, non rientra tra le scienze sanitarie, e, pertanto, NON E’ RICONOSCIUTA COME SCIENZA MEDICA. Al contrario, ad esempio, della figura del fisioterapista.
L’Italia, fa parte di questo caso.
Altri paesi ne riconoscono la piena efficacia, soprattutto come terapia preventiva e curativa nei casi sopraindicati, pertanto legittimata ad un riconoscimento ufficiale, che rientra in una branca “para-sanitaria”, cioè “affiancante” le tecniche sanitarie finora note, assieme a tecniche quali l’Agopuntura, la Naturopatia, l’Omeopatia, il Reiki, ecc. Un esempio di tali paesi sono la Spagna, la Francia e la Germania.
Altri ancora la riconoscono pienamente come tecnica medica, senza alcuna eccezione di genere. Tra questi ultimi spiccano gli Stati Uniti, l’Australia e la Nuova Zelanda.
Questa differenza, implica una differenza in termini di anni di studio, di riconoscimento di scuole attraverso vari enti, ed apre nuove questioni sul piano di riconoscimento di titoli a livello europeo.
Le associazioni si stanno battendo affinché queste dinamiche burocratiche vengano al più presto chiarite, a beneficio di tutti i professionisti del settore, e, in primis, dei pazienti.

Una cosa è certa: essere osteopati, significa aver scelto di abbracciare una missione. La missione di tornare a restituire il benessere, a chi teme di averlo perso.
Se non si ha chiaro questo, non esiste anno di studio, nè diploma, nè laurea, che faccia di un professionista, un vero osteopata.

Collaboratori

Con chi collaboro:

  • Ghinatti Osvaldo, naturopata, radiologo e fisioterapista.

 

Profilo di Chiara Ghinatti

 

OSTEOPATA CHIARA GHINATTI

CHI SONO:

 

 

Il percorso formativo della professionista Chiara Ghinatti, comincia fin da bambina, attraverso suo padre, il Naturopata Osvaldo Ghinatti,  nato nel 1943,  attualmente in pensione, pioniere nella fusione della medicina tradizionale (attraverso il conseguimento della laurea in Fisioterapia e Tecnico di Radiologia-in quegli anni, titolo unico) con quella alternativa (dopo 17 anni di prestato servizio in ospedale, ha deciso di mettersi in proprio e conseguire il diploma in Naturopatia, Agopuntura e infine anche una seconda laurea in Odontoiatria).

Fu infatti proprio quest’ultimo ad aprirle la strada e  il cuore a questo settore professionale.

Chiara Ghinatti si  avvicinò all’ambito sanitario e parasanitario (come dicono in Spagna, quando si riferiscono alle pratiche alternative), proprio attraverso l’ esperienza lavorativa paterna, assimilando quasi per osmosi la sua stessa passione e dedizione al lavoro sulle persone che lamentavano dolori e malesseri, e quasi sentendo la stessa viva soddisfazione nel vederli finalmente riacquistare il benessere apparentemente perduto. Percio’ decise di impostare fin da giovane il suo percorso di studi sulla base di questo obiettivo.

Nata il 4 novembre del 1988, si diploma al liceo classico “Ludovico Antonio Muratori”, di Modena, nel luglio del 2007.
Dopo aver ultimato gli studi umanistici del liceo, decide di perfezionare le rispettive conoscenze degli elementi scientifici e  biochimici, che sentiva più deboli tra i suoi studi,  iscrivendosi alla “Facoltà di Biologia” di Modena, dove potè approfondire gli studi delle materie fisico-chimico-biologiche.

Non essendo nelle sue mire, conseguire ivi il titolo di laurea, si accontenta di dedicarvi gli anni necessari all’approfondimento delle materie sopracitate (ciascuna delle quali rivelatasi, poi, utilissima durante la certificazione nella tecnologia della “BioQuantic Resonance”, avvenuta alcuni anni dopo), per procedere col suo percorso formativo altrove .

Nel frattempo, per interesse personale,  si iscrive alla “Facolta’ di Economia e Commercio- Marco Biagi”, a Modena, dove consegue la Laurea in “Economia e Marketing Internazionale” nell’anno 2011.

Appreso il riconoscimento e l’alto livello degli studi di osteopatia all’estero, decide di trasferirsi in Spagna, a Tenerife, dove prosegue con la sua formazione in ambito para-sanitario, attraverso il conseguimento del Diploma in “Osteopatia Strutturale”, presso il polo di studi ubicato a nord dell’isola, secondo un corso pienamente certificato e riconosciuto, della durata di 3 anni, dietro l’assistenza, il sostegno e le nozioni di professori laureati in Medicina e Chirurgia, e specializzati nelle tecniche in questione, provenienti dalle più grandi zone della Spagna, pienamente preparati e aggiornati.

Durante questo primo anno di studi, consegue, in Spagna, anche il certificato di operatrice autorizzata della tecnologia “BioQuantic Resonance”, strumentazione attraverso la quale è possibile indagare l’equilibrio molecolare di valori d’idratazione cellulare, di appoggio baropodometrico, di massa muscolare e di molti altri elementi validi per lo studio della persona, sia essa stessa abituata ad una regolare attività sportiva, che non.

Non contenta, in quello stesso centro, al secondo anno di studi, quindi nel 2015, decide di diplomarsi, in contemporanea al corso di Osteopatia, anche in Riflessologia Podale e Palmare, allo scopo di imparare non solo a liberare le tensioni somatiche e ribilanciare la fisologica disposizione delle strutture che compongono l’asse del corpo, ma soprattutto di esser in grado di individuare le tensioni e andare ad agire miratamente sui punti dove queste ultime andassero a cronicizzarsi.

Conclude così il suo percorso di studi nel luglio del 2017, diplomandosi a pieni voti in “Osteopatia Strutturale” ed in “Riflessologia Podale e Palmare”.

Dopo aver conseguito la residenza sul suolo spagnolo,  avvia la propria attività e si iscrive all’associazione COFENAT, garante della piena assistenza di tutte quelle professioni formanti parte della parasanita’ (naturopatia, omeopatia, agopuntura, riflessologia, osteopatia, ecc), con l’equivalente valore di un albo professionale. Inizia, dunque,  a lavorare su vari casi e soggetti, sia presso il suo studio che recandosi a domicilio, su richiesta, in ogni zona dell’isola, raggiungendo le persone che erano allettate a causa dei dolori. Sempre più persone cominciano, così, a conoscere poco a poco la sua tecnica, e tale è il successo del passaparola che si apre la strada a nuove collaborazioni, rivolgendo i suoi servizi anche in altri centri locali, con ulteriori professionisti del benessere.

Tra le tante, rimane preziosa la collaborazione, con un centro di Reiki e Medicina alternativa, ubicato nel sud dell’isola, dove sperimenta e tocca con mano il grande beneficio che si riesce ad ottenere restituendo alla persona sia salute fisica che sostegno emotivo.

Durante uno dei suoi viaggi occasionali di rientro a Modena, ha occasione di fare la conoscenza del medico chirurgo, specializzato in Cardiologia, Fabio Alfredo Sgura, operante a Modena ed a Ostuni, originario di quest’ultima.

Anche lui entusiasta di una potenziale collaborazione- che avrebbe offerto piu’ servizio a persone di una certa eta’ che frequentavano il suo studio, e minore sforzo durante l’attuazione di movimenti apparentemente banali, ma per loro fondamentali per evitare di sforzare anche il cuore- per la professionista Chiara Ghinatti si apre l’occasione di prestare servizio, occasionalmente, secondo date precise, come consulente esterna autonoma presso lo studio del dr. Sgura, ubicato a Modena.

Nel gennaio del 2018, decide di estendere la suddetta consulenza al sud Italia, a Ostuni, in date precise.

A settembre 2018, estende la sua esperienza sulla penisola iberica, nella splendida città di Barcellona, dove consegue il titolo di Osteopata Viscerale ed Osteopata Craneale, ampliando, perfezionando le tecniche già acquisite,  e completando il percorso di studi di Osteopatia.

Attualmente non più unicamente operativa presso lo studio del dr. Sgura, e fermo restante la sua base professionale, localizzata in Spagna, a Tenerife, nel sud dell’isola, dove risiede il suo personale studio, Ghinatti Chiara continua a prestare servizio sia a Modena, che a Ostuni, in periodi a cadenza regolare durante l’anno.

Con la ferma intenzione di continuare a costruirsi come professionista, lavora ogni giorno al meglio, dando il massimo delle sue capacità, per portare a termine l’obiettivo e il sogno di una vita: restituire benessere e serenità, a chi teme di aver perso entrambi.

Osteopatia

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